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Fino
a pochi decenni fa, nella società occidentale il tatuaggio subiva il peso
di pregiudizi secolari, alimentato dalla sua diffusione fra gli appartenenti
al mondo della malavita, cosicché veniva perlopiù praticato segretamente.
Nonostante la condanna religiosa, il tatuaggio sopravvisse come arte popolare
e dovette difendersi, oltre che dall’aperta ostilità della Chiesa e degli
Stati, anche dall’incomprensione generale. Nella coscienza collettiva,
in Occidente, il tatuaggio è stato, per secoli, considerato segno di bestialità.
Tatuatori e tatuati hanno vissuto a lungo in uno stato di clandestinità,
nel timore che le loro pratiche fossero violentemente interrotte.
Questo avveniva fino agli anni '60, quando un gruppo di artisti promosse
una riscoperta del tatuaggio attraverso una sua riqualificazione qualitativa
e la creazione di una vera e propria figura professionale, fidata anche
per il rispetto di particolari norme igieniche. Soprattutto, il tatuaggio
divenne una vera e propria arte, un modo alternativo di dipingere. Oltre
che l’aspetto artistico del tatuaggio, fu anche quello comunicativo a
riemergere. Attualmente, i tatuati costituiscono una crescente minoranza
estremamente eterogenea: giovani studenti, punk, musicisti, ingegneri,
esponenti del terziario avanzato, ecc.
I mass-media hanno giocato
un ruolo decisivo nella diffusione di questo tatuaggio rivitalizzato.
Essi hanno contribuito, per certi versi, a diffondere una maggiore sensibilità
verso le radici ed il valore che il tatuaggio ha assunto nei contesti
socio-culturali preletterati.
Il Giappone, nel suo aprirsi al mondo occidentale, a metà dell’Ottocento,
ha influenzato il tatuaggio moderno in modo assai rilevante. I primi occidentali
ad entrare in contatto con il Giappone rimasero affascinati dall’abilità
artistica e dall’elegante naturalismo che distingue il tatuaggio giapponese.
Fu proprio a partire dalla fine dell’'800, pertanto, che in Europa ed
in America si diffuse il tatuaggio, direttamente ispirato alla matrice
giapponese.
Il tatuaggio moderno consiste, in generale, nell’effettuare una serie
di punture seguendo un disegno sulla pelle, avvalendosi di uno o più aghi
intinti in una sostanza colorante semiliquida (un pigmento minerale o
vegetale, non tossico), nera o colorata, che, depositandosi sotto la pelle
per effetto delle punture, andrà a formare il disegno stesso.
A partire dal 1890, grazie all’invenzione della macchinetta elettrica,
i tatuatori possono tatuare in modo sempre più rapido, preciso e meno
doloroso. Questo ha senza dubbio favorito la diffusione del tatuaggio.
La macchinetta elettrica permette al tatuatore un impiego di aghi e una
velocità variabili, a seconda del tipo di linea da tracciare (più o meno
sottile, ombreggiata, ecc.).
Le ragioni che spingono al tatuaggio, così come le reazioni suscitate
dalla sua vista, variano enormemente da una persona all’altra, spaziano
dalla curiosità all’interesse e al divertimento, dall’orgoglio all’invidia,
dal disprezzo fino alla pena e al disgusto.
Curioso è osservare come, in genere, una volta iniziato con un primo tatuaggio,
si avverta il bisogno di altri tatuaggi.
A partire dalle ragioni che motivano la scelta di sottoporsi al tatuaggio
e quella del motivo da riprodurre sulla propria pelle, si può tentare
di ricostruire una sorta di tipologia dei tatuaggi[73]:
-Tatuaggio etnico
-Tatuaggio simbolico
-Tatuaggio religioso
-Tatuaggio d’amore
-Tatuaggio di vendetta
-Tatuaggio di disprezzo
-Tatuaggio da galera
-Tatuaggio osceno
Tatuaggio etnico:
è il tatuaggio che in qualche modo esprime il luogo di nascita o di appartenenza
di una persona. Può essere rappresentato da uno stemma, uno stendardo,
una bandiera, un simbolo o un nome.
Tatuaggio simbolico:
è rappresentato da segni, scaramantici o mitologici, che hanno un particolare
significato, spesso di difficile interpretazione. Ricorrenti: il cuore,
le stelle, il sole, la luna, ecc.
Tatuaggio religioso:
è quello in cui vengono riprodotti motivi appartenenti all’iconografia
cattolica (croci, angeli, il Cristo sofferente, la Madonna, ecc.), che
spesso vengono eseguiti in occasione di pellegrinaggi o conversioni.
Tatuaggio d’amore:
è in genere, rappresentato da cuori trafitti, rose, rondini, le iniziali
della persona amata o ancora frasi romantiche, intesi come pegni d’amore
proprio in quanto indelebili.
Tatuaggio di vendetta:
denuncia, a prescindere dal motivo prescelto, la volontà di vendicare
il torto subìto. Esso rappresenta, in genere, armi, oppure oggetti o frasi
in qualche modo connessi ad una promessa di morte.
Tatuaggio di disprezzo:
è molto simile a quello di vendetta, ma può denunciare, oltre che il torto
subìto, anche la persona che lo ha commesso (a volte lo Stato o la società).
In alcuni casi, poi, viene inciso a forza sul traditore o l’infame. Uno
dei tatuaggi classici, appartenenti a questa categoria, è la scritta “ODIO”
sulle nocche.
Tatuaggio da galera:
è il tatuaggio che indica che la persona tatuata è stata in prigione.
Rientrano in questa categoria, per esempio, i cinque punti sulla mano
(“solo tra quattro mura”) o i punti ai lati degli occhi, della bocca,
delle orecchie (“non vedo, non sento, non parlo”) o ancora la lacrima
sul lato esterno dell’occhio (simbolo di detenzione per omicidio).
Nonostante l’esistenza di un esplicito divieto, da parte dell’amministrazione
carceraria, in ambito carcerario la pratica del tatuaggio è in realtà
molto frequente, così frequente da aver dato origine, in passato, ad una
pregiudizievole assimilazione del tatuaggio al pregiudicato.
Tatuaggio di bellezza:
ha semplicemente funzione estetico-decorativa, per valorizzare determinate
parti del corpo e sottolinearne l’aspetto erotico.
Tatuaggio osceno:
diffuso anch’esso in particolare fra i carcerati, rappresenta motivi pornografici,
spesso accompagnati da messaggi provocatori. La zona in cui il tatuaggio
viene eseguito è spesso di per sé provocatoria.
Steele-Pennyman A. Piercing e tattoo., Milano ,TEA,1996,
pp.84-87.
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