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Con
questa definizione s’intende la rimozione di parti più rilevanti degli
arti, per esempio le braccia, le gambe o parti ad esse connesse, ma anche
un’intera mano o l’avambraccio.
Questo tipo di auto-mutilazioni
sono riscontrabili nella scena fetish, dove in genere si tratta
di individui che vi ricorrono nel tentativo di superare un’infanzia problematica.
Lasciando da parte la questione se queste auto-mutilazioni siano o meno
frutto di reazioni psicotiche, bisogna riconoscere che in molti casi l’esecuzione
di un’amputazione “cura” il problema e l’individuo, una volta mutilato,
ne trae giovamento.
Di sicuro non esiste alcun medico pronto ad effettuare un intervento di
rimozione chirurgica su un corpo sano, così come altrettanto difficile
è trovare un praticone che sia disposto ad operare clandestinamente. L’amputazione
di matrice feticista è piuttosto diffusa ed esistono persino numerosi
gruppi di supporto per aspiranti e feticisti dell’amputazione.
“NoHand” è il soprannome di una persona che racconta la sua esperienza
personale di auto-mutilazione attraverso le pagine della rete, in bmezine.com,
uno dei canali preferenziali di diffusione della cultura della modificazione
corporea estrema. In un’intervista effettuata nel 1998 da BME a NoHand
si legge: “NoHand” si è amputato le dita e successivamente l’intera mano,
parte del piede (fino a perderlo completamente), parte dei genitali ed
ha praticato su di sé altre modificazioni corporee. Nel corso della sua
vita ha perso la gamba sinistra sino al ginocchio e quella destra sotto
di esso, a causa di un incidente. Lui si dice felice in questo modo, ed
è parte attiva delle comunità online want2be and amputee
(comunità aspiranti e mutilati), così come pure nella comunità nella quale
è inserito nella “vita reale” (i cui membri naturalmente non sanno in
che modo lui abbia perso gli arti). Nel corso della stessa
intervista, NoHand afferma che la scelta di un’auto-amputazione dev’essere
motivata da un reale interesse, non solo per l’amputazione del proprio
corpo in sé, ma per l’intera dinamica che ruota attorno all’essere mutilati. Parlando di sé all’intervistatore,
NoHand dice di aver compiuto studi artistici (pittura, disegno, scultura
e design) e di nutrire grande interesse per la Bibbia, a suo parere
“il più incredibile libro che sia mai stato scritto”, ma dice anche che
le sue modificazioni corporee sono totalmente prive di una componente
religiosa. NoHand si considera un “renaissance man”, un artista.
A tale proposito, dice: “Marcel Duchamp disse che il ruolo dell’artista
è quello di selezionare materiali e tecniche (…) io considero me stesso,
a parte altre occupazioni in cui sono coinvolto, un artista, il mio corpo
è il materiale, la modificazione la tecnica…”. NoHand ritiene di essere
mentalmente sano, di non soffrire di dismorfofobia, in quanto, dice, “Mentre
sono in uno stato di trasformazione, il mio corpo è un lavoro artistico
in evoluzione, che a un certo punto sarà concluso”.
” Oltre ad aver fatto del giornalismo e ad aver scritto, NoHand sta lavorando
ad un piede artificiale, anatomico e leggero, e al design di hardware
i cui utenti sono mutilati. “Chi può disegnarlo meglio di un utente? La
mia filosofia: «La Forma segue la Funzione»”.
Quando l’intervistatore gli chiede se in famiglia o fra gli amici nessuno
si sia mai meravigliato nel vederlo perdere ogni volta parti del corpo,
NoHand risponde di aver sempre evitato accuratamente domande o dubbi sulla
sua salute mentale, semplicemente raccontando di aver perso il suo braccio
a causa di un incidente, la sua gamba durante una gara automobilistica
(NoHand possiede una patente come pilota automobilistico), in seguito
all’esplosione di benzina, e molto spesso rispondendo con un vago “complicazioni
connesse all’incidente”. “Ritengo che la gente mi consideri un vero accident-prone
(incline agli incidenti), ma l’esserlo non è un crimine e neppure una
malattia psichiatrica. (…) Sorprendentemente,
faccio tutto quello che facevo prima, compreso guidare la mia Harleys
(…). Non ho smesso di fare nulla che mi piacesse fare.”
L’intervistatore gli chiede se per caso ricordi un’esperienza della sua
prima infanzia che possa aver acceso questo suo interesse per l’amputazione.
“Una motivazione per la modificazione corporea deriva da una struttura
interna, credo, non da un’influenza esterna - il primo mutilato con cui
ho avuto contatto mi fece paura e mi mise a disagio. Un insegnante di
scuola con un solo braccio, amico dei miei genitori, mi terrificò. Vedere
l’insegnante di scuola mi obbligò ad un confronto diretto con i miei desideri
personali che erano lì dalla prima infanzia, molto prima che il sesso
fosse una componente. Il fatto che io avessi questi desideri, e da così
tanto tempo, mi impediva, ad ogni modo, di comprendere che essi sono puramente
problemi legati alla sessualità – tuttavia, in quanto adulto, devo riconoscere
che c’è, alla base della mia scelta di una modificazione corporea, una
componente sessuale (…) ”.
L’intervistatore gli chiede di parlare della rimozione della mano. NoHand
racconta di aver iniziato, ventenne, con le dita e poi, trentenne, di
aver progettato e realizzato una ghigliottina - “una cornice verticale
di 2 per 4 (…). Molto efficace: prima la provai sul manico di una scopa…Non
avevo dubbi che avrebbe funzionato e, come puoi vedere, non conservai
per molto la mano.”
Le sue amputazioni gli piacciono, dice, come pure dice di adorare i suoi
moncherini - a prescindere dal motivo che li ha prodotti – benché non
disdegni l’uso delle protesi. Ma il suo processo di modificazione non
si è ancora concluso, dice lui.
E’ attratto dai piedi degli altri, non necessariamente dai suoi,
e pensa che anche questa zona corporea sia in “transizione”. Non si ritiene
del tutto soddisfatto di come appare il suo piede destro, in qualche modo
gli appare come indefinito, ma, a prescindere da questo, le ferite sul
piede derivano da quello che lui stesso definisce “chirurgia esplorativa”.
Il suo approccio alla mutilazione dei genitali è invece relativamente
nuovo, “una nuova area di esplorazione”. Lui stesso non pensa ad una castrazione
completa, ma piuttosto ad una rimozione dello scroto e all’insaccamento
del testicolo rimanente, per concludere con una rilocazione dell’uretra.
A tale proposito, benché sia certo di poterlo fare da solo, ammette che
non lo farebbe mai da sé, pertanto sta già considerando la possibilità
che tale ricollocazione venga effettuata da un professionista.
NoHand definisce, sempre nel corso dell’intervista, le categorie di persone
che si producono mutilazioni in un percorso di modificazione corporea
e le motivazioni che le inducono a compiere tale percorso. Dal suo punto
di vista, tre sarebbero le principali motivazioni che inducono ad esperire
la mutilazione dei propri arti:
1 - l’affermazione
personale;
2 - la critica
sociale;
3 - l’identificazione
con un gruppo.
Comune denominatore, in tutti questi casi, secondo NoHand, non sarebbe
un “bisogno” di amputazione, bensì un look scelto, il tentativo
di conformarsi all’immagine di sé desiderata.
Secondo il suo parere, l’auto-mutilazione come strategia di costruzione
di un look personalizzato sarebbe frequente fra gli appartenenti
alla prima categoria. Il fatto che, in questi casi, si tratti piuttosto
di una questione di look sarebbe dimostrato dalla frequenza di
piccole amputazioni che avrebbero, a suo parere, valore “cosmetico” e
conservativo dell’aspetto funzionale delle parti lese.
Gli appartenenti alla seconda categoria, aspirano, in genere, ad amputazioni
di entità maggiore poiché, per loro, fondamentale è l’aspirazione alla
mutilazione. In loro c’è già un progetto di modificazione ben preciso,
che solitamente interessa una determinata regione del corpo. In realtà,
però, molto più frequentemente, in loro queste aspirazioni rimangono fantasie,
desideri di amputazione, ma indipendenti da una piena coscienza di cosa
sia effettivamente essere mutilato, privi della preparazione, fisica e
mentale, necessaria a realizzare il loro progetto.
Infine, coloro che davvero hanno “bisogno” di un’amputazione, si distinguono
per la loro attiva partecipazione all’interno delle comunità di mutilati.
Per questi soggetti, l’auto-mutilazione “non è una scelta, così come non
lo è quella di amare un uomo per un omosessuale”, non è passibile di giudizi,
ma è semplicemente il loro modo di essere.
Nohand ritiene inoltre di avere un vastissimo range di modificazioni
corporee: dal tatuaggio ai piercing, alle auto-mutilazioni. Il
fatto che abbia sempre praticato da sé i suoi piercing, tatuaggi
e mutilazioni, evidenzia una netta tendenza individualistica, sintomo
di una certa vena di solitudine e di orgoglio, che gli impediscono di
condividere le sue esperienze superando l’anonimato.
“Hai qualche rimpianto?” gli chiede l’intervistatore. Lui risponde di
no, che mai cambierebbe se stesso, ma che, a volte, al momento in cui
ci si automutila, non si considerano i piccoli-grandi problemi che ne
scaturiranno in seguito, per esempio il problema dei costi da sostenere
per ottenere una sedia a rotelle o quant’altro.
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