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Consiste
nella pratica di asportazione di caratteri ed organi sessuali femminili
non suggerite da motivi di ordine medico. Essa può assumere molteplici
forme, ma consiste, per antonomasia, nella rimozione della clitoride (clitoridectomia).
Possono inoltre essere rimossi la vagina e gli organi riproduttivi interni.
La nullificazione femminile può infine essere estesa all’asportazione
del seno.
I rischi di cui tener conto, infezione ed emorragie,
dipendono dalle tecniche adottate. Altro rischio, inoltre, è rappresentato
dalla possibilità che si verifichi uno squilibrio ormonale, responsabile
di ulteriori complicazioni (dell’osteoporosi ad esempio).
Perché una donna dovrebbe desiderare
la nullificazione? Se si esclude che alla base di tale desiderio possa
esserci una fissazione o una confusione di genere, allora è più probabile
che possa essere connessa ad una relazione sado-masochista, dove il soggetto
che si sottopone ad un intervento di nullificazione femminile è certo
un perfetto schiavo sessuale.
La nullificazione femminile può essere praticata solo dalle mani di un
esperto chirurgo, poiché i rischi ad essa legati, soprattutto nel caso
di una completa nullificazione, sono altissimi. Troppo spesso, però, essa
viene praticata in contesti “familiari”, nel più felice dei casi mediante
l’uso di oggetti cauterizzanti.
Rispetto alla sua diffusione, è possibile dire che si tratta di una pratica
molto rara in Occidente, e comunque più rara che non la nullificazione
maschile. Vi sono però alcune aree, quali l’Africa ed il Medio Oriente,
dove le giovani, sistematicamente, vengono sottoposte a tale pratica (circa
l’80% delle donne appartenenti a queste culture). Ma poiché, a parte rare
eccezioni, tali interventi non sono affatto voluti, ritengo non siano
argomento da trattare in questa sede.
Bruno Bettelheim considera le mutilazioni femminili praticate in contesti
rituali " (...) come tentativi maschili di acquistare il controllo delle
funzioni sessuali della donna. (...). Il maschio si contenta di poter
esercitare un controllo simbolico sugli organi genitali femminili esterni,
senza tuttavia influenzare la fecondità della donna o il suo piacere sessuale."
Rispetto alla clitoridectomia, invece, lo stesso Bruno Bettelheim appare
incerto: “In quanto all'estirpazione della clitoride o delle ninfe, o
di entrambi gli organi, non appare facile capire le eventuali soddisfazioni
positive che possano derivarne, né chi possa esserne il beneficiario.
Alcuni psicoanalisti hanno suggerito che lo scopo dell'estirpazione del
clitoride era quello di eliminare la sessualità clitoridea e di obbligare
le donne a provare unicamente delle soddisfazioni vaginali." Naturalmente, la clitoridectomia,
provocando una netta riduzione del desiderio femminile, potrebbe essere
interpretata, dal punto di vista maschile, come garanzia di fedeltà coniugale.
Alcuni autori ritengono che, almeno in contesti preletterati, non si tratti
di una pratica voluta dalle donne, mentre sembrerebbe imposta da una cultura
strutturata sul dominio maschile. "Mentre sappiamo che i ragazzi desiderano
la circoncisione (...) – scrive Bruno Bettelheim - conosciamo bene l'angoscia
della ragazzina riguardo la mutilazione dell'organo genitale (...). Se
si percorre la letteratura sull'argomento, si ha l'impressione che sia
l'intracisione che l'estirpazione operate sulle donne vengano loro imposte
dall'uomo. Se anche alla fanciulla accade di desiderarle, non è a causa
della modificazione che quelle pratiche apportano al suo apparato genitale,
ma perché una simile mutazione le conferisce una posizione sociale più
elevata, oppure è condizione preliminare indispensabile al matrimonio."
Presso alcune culture, per esempio quella Nandi, pare che la ragione per
cui si ricorra alla clitoridectomia sia la volontà di rimuovere quanto,
nel corpo femminile, possa, anche lontanamente, presentare delle analogie
con l'apparato genitale maschile.
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