4.4 MODIFICAZIONI PERMANENTI DELLA
CIRCONFERENZA DEL BUSTO


Tale pratica consiste nell’uso prolungato di corsetti costrittivi che riducano la circonferenza del busto per ragioni di ordine esclusivamente estetico. L’uso di busti finalizzati a questo scopo è comune a moltissime culture e si riscontra in epoche anche molto lontane. Le testimonianze più antiche di questa pratica di rimodellamento del punto vita riconducono alla civiltà minoica, che pare si avvalesse di cinture, anziché di busti. Tale pratica era diffusa, indiscriminatamente, fra uomini e donne di età compresa fra i 15 ed i 25 anni.
Fra il '700 e l’'800, l’uso di speciali busti venne introdotto nel sistema di addestramento degli ufficiali dell’esercito francese ed inglese. Il corpo degli ufficiali ne risultava rimodellato, tanto che le loro divise erano riconoscibili già dal taglio.
Per circa un secolo, a partire dalla fine dell’'800, la riduzione del punto-vita si impose nel campo della moda, al punto tale che le donne dalla vita generosa dovettero sottoporsi a vere e proprie torture pur di indossare abiti à la page. Oltre al disagio che l’uso sistematico e prolungato di un busto molto stretto comporta, bisogna considerare che, in casi estremi, esso provoca un vero e proprio riassestamento degli organi interni. Intorno al 1880, in considerazione dei risultati delle prime ricerche scientifiche effettuate in Germania sulle complicazioni legate ad un busto eccessivamente costrittivo, esplose una sorta di psicosi, alimentata da una propaganda negativa spesso esagerata. I francesi, d’altro canto, rimasero fedeli sostenitori del corsetto, in nome dell’eleganza da esso conferita.
Già all’inizio del '900, la moda del busto stretto stava tramontando. Le donne che investivano la propria esistenza su una riduzione della circonferenza-vita appartenevano, di solito, al mondo dello spettacolo. Alcune di esse vantavano circonferenze da record. La donna che rimase per questo leggendaria fu Ethel Granger, dalla circonferenza-vita di 32,5 centimetri. Dopo quasi un secolo di oblio, l’uso del corsetto come strumento di riduzione della circonferenza del busto sta tornando in voga, soprattutto fra i cultori delle modificazioni corporee estreme.
Presso il popolo dinka, in Africa, l’uso del busto costrittivo è pratica ordinaria. Gli uomini dinka possiedono un corsetto fatto di perline, il cui colore indica la fascia di età a cui appartengono: il rosso ed il nero contraddistingue coloro che rientrano nella fascia di età compresa fra i 15 ed i 25 anni; rosa e viola distingue la fascia di età compresa fra i 25 ed i 30 anni; il giallo segna il superamento di queste fasce di età.
In Nuova Guinea, presso gli Ibitoe, era usanza radicata quella di rimodellare il busto maschile, a partire dall’adolescenza, attraverso l’uso di speciali cinture molto strette, conosciute come cinture itiburi. Il momento in cui la cintura veniva apposta al corpo del ragazzo segnava la sua entrata nel mondo adulto e rappresentava, per lui, una prova alquanto gravosa di sopportazione del dolore, da superare, pena il disonore personale e familiare. Sotto la cintura, che non poteva in nessun caso essere rimossa, il corpo veniva fasciato strettamente. Solo dopo aver superato la fase iniziale, il ragazzo aveva la facoltà di scegliere una cintura più stretta o più larga, più flessibile o più rigida, che sostituisse l’originaria. Di solito, la prima fascia era in tela, quella scelta in seguito in corteccia. L’uso delle cinture itiburi, riducendo il punto-vita dei ragazzi a circonferenze minime, li rendeva anche meno atti allo sforzo fisico. Solo l’adozione di una cintura in corteccia segnava l’entrata nel mondo adulto a tutti gli effetti. Sino a quel momento, il giovane non poteva essere scelto come marito, né aveva diritto ad essere chiamato “itiburi”.